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I REMEMBER YOU

di Emanuele Lo Giudice

I REMEBER YOU

Un Arcipelago gassoso: il rito del mito della memoria

“Questa tomba contiene i resti mortali di un giovane poeta inglese che, sul letto di morte, nell’amarezza del suo cuore, di fronte al potere maligno dei suoi nemici, volle che fossero incise queste parole sulla sua lapide: ‘Qui giace un uomo il cui nome fu scritto nell’acqua’.”

L’epitaffio di John Keats

Il progetto che presentiamo per questa Biennale di Architettura del 2023 è un progetto che si inserisce all’interno di un arcipelago, costruendone a sua volta uno proprio. Le nostre prime riflessioni si muovono quindi precisamente attorno a questo tema.

L’arcipelago è un sistema che ci aiuta a comprendere e a racchiudere il molteplice, e contemporaneamente è il tentativo di una sua possibile rappresentazione. In esso possiamo ritrovare dei parallelismi evidenti col territorio urbano in una “tensione di ordine” nella quale è possibile formulare un’idea di città riconoscibile, dove il molteplice non è più disperso, ma è presentato nella sua essenza concettuale quale confronto e giustapposizione assoluta tra le parti. L’arcipelago definisce quindi un insieme, una lista, un dialogo tra parti, tra singole individualità che dialogano tra loro e con il suo “fine”, ovvero con quel suo “essere parte di un insieme”, “formula discorsiva” che unisce e connette. Per questo l’arcipelago è per sua natura insofferente a un ordine gerarchico, e nessun’isola costituisce un asse fermo capace di strutturare un insieme nella forma di uno Stato. Un arcipelago è difatti privo di un Centro, in quanto il suo Centro non è altro che quella relazione energetica che obbliga ogni sua parte a relazionarsi l’altra, e tutte verso la “Patria assente” che altro non è che il Mito di un’Origine mai presente. Un Mito che crea identità e soggettività che si rinnova di volta in volta e che sembra sussurrare incessantemente “I Remember You”. È proprio cercando e ricreando ripetutamente la propria identità che ci si scopre improvvisamente e sorprendentemente, molteplici. Lo spazio che costruisce l’Arcipelago è uno spazio dei molti che vivono contemporaneamente, uno spazio sempre in bilico tra il suo essere espressione di ricchezza e il rischio di una sua continua estrema frammentazione.

Uno spazio che nell’era contemporanea acquista “la dote della temporalità”. Oggi nulla è pensato per durare in eterno. Il tempo è diventato effimero. Lo spazio invece acquista la componente di una performance interconnessa. Un arcipelago dinamico in continua mutazione per una “società gassosa” di performer.

L’uso che si propone dell’Arcipelago non va inteso quindi come una formula onnicomprensiva, ma come un logos di connessione, che diventa esso stesso forma. Una forma che si pone come il sistema generatore di una relazionale dinamica: un corpo in trasformazione all’interno del quale il mito e la memoria danno origine ad un’identità. In tal senso la forma non va più intesa come una mera rappresentazione statica. Non è un corpo solido, ma un corpo relazionale dinamico in continua trasformazione e in tal senso “gassoso”. Difatti per gassoso non si vuole intendere un corpo immateriale, ma una condizione prettamente relazionale all’interno della quale prevalgono sistemi energetici e spaziali, le cui dinamiche si trasformano in una pura tensione del desiderio, del mito e della memoria.

Da questi presupposti prende vita il nostro arcipelago gassoso. Un’installazione costituita da sei isole/stanze precarie, di varie dimensioni realizzate con materiali poveri come tubi di cartone, mattoni e fogli di plexiglass. Uno spazio temporaneo, nomade, anarchico, dove una nuvola rossa svolge l’insolito ruolo di simbolica copertura temporanea: landmark performativo e scultoreo di una libera formula spaziale in continua trasformazione che, appare e scompare, come una frase scritta con l’acqua.

Uno spazio, quello che andiamo a costruire, che è nel contempo luogo per l’iniziazione di un rito performativo all’interno del quale verrà scritta sul pavimento ripetutamente, con le proprie dita intrise d’acqua, “I REMEMBER YOU”. Con questa operazione, non si fa in tempo a completare la frase che già l’acqua si è asciugata e quindi bisogna tornare e ritornare ancora a scriverla, per cercare di tener viva la “memoria” di questa realtà, di questo luogo, di questo territorio delimitato, costruito da una relazione spaziale tra corpo, uomo e il mito.

Una installazione questa, che diviene metafora poetica di uno spazio del molteplice, il cui riferimento più intimo è Venezia: il suo paesaggio, le sue isole, i suoi campanili, le sue briccole, i suoi canali, le sue piazze, il suo essere teatro di una lotta continua, tra le geometrie dei suoi palazzi e l’anarchia dell’acqua, che dissolve e frammenta ogni forma. Sei sono infatti gli elementi spaziali, come sei sono i sestieri di Venezia, mentre l’elemento circolare vuole riportare alla mente l’antica vasca del battistero di Torcello. Venezia però è solo un pretesto, un luogo dove la memoria personale si sfalda, per trasformare questa installazione in un dispositivo che vuole raccogliere un messaggio universale.

Questo lavoro ci vuole infatti invitare a ripensare lo spazio e i nostri modi di concepirlo raccontandoci la cosmologia di un universo di sensi e di codici, dove gli oggetti e lo spazio, possono trasformarsi in punti “eccezionali” non appena entrano in relazione tra loro e con il nostro corpo e la nostra memoria. In tal modo rispenderanno nella volta celeste del tempo come libere configurazioni astrali che fungono da cruciale strumento di orientamento all’interno della nostra storia, mutando così il caos in cosmo. Avviluppati, come in densa nuvola rossa, si trasformeranno così nella libera costruzione di una costellazione gassosa di un anarchico accampamento temporaneo, che lotta contro ogni possibile imperialismo.

Progetto: Emmanuele Lo Giudice & Floriana Orlandino
Realizzazione: Emmanuele Lo Giudice in collaborazione con Simone Fecchio Performer: Emmanuele Lo Giudice
Materiali: tubi di cartone riciclato, fogli di plexiglass, mattoni, contenitore circolare, acqua, fumogeno rosso Luogo: Parco Albanese, Bissuola, Mestre (VE)
Data: Domenica 21 Maggio 2023
Evento: Ecologia (A)sociale, Biennale Sessions, La Biennale di Architettura di Venezia 2023 Curatori: Escuela Moderna, Marche Arte Viva, Fuori Posto Mestre

Emmanuele Lo Giudice è un architetto, artista, designer italiano formatosi presso lo IUAV di Venezia, il Politecnico di Madrid, l’Università di Alcalà de Henares (Madrid) e lo studio di architettura di Yona Friedman, da diversi anni residente a Roma. Professore presso L’Accademia di Belle Arti di Sanremo, e fondatore dello studio Emmanuele Lo Giudice Architettura Arte e Design.
Ha partecipato a diverse edizioni della Biennale di Architettura di Venezia per il Padiglione Italia e Spagna, esponendo i suoi lavori presso importanti musei ed eventi internazionali come il MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma, il Farm Cultural Park, il Festival del Verde e del Paesaggio, il “ e il convegno internazionale De-sign Environment Landscape City.
Ha ricevuto diversi premi tra cui: il premio “International Exhibition-Competition Artist’s View of the World” dal Ministry of Science and Higher Education of The Russian Federation, dell’Accademia delle arti e del design di Sanint Petersburg Stieglitz.
Svolge anche attività di docenza e di formazione, tenendo corsi, workshop e conferenze in varie Università, Fondazioni e Istituzioni in Italia, Spagna, Messico e Colombia, Equador. Ha pubblicato vari libri, saggi e articoli per riviste nazionali ed internazionali, ottenendo anche la copertina del “Il Giornale dell’Arte” nel Marzo 2017.
Alcuni suoi lavori fanno parte della collezione del Museo MAACK (CB), della collezione della “Raccolta di schizzi d’autore” dell’Università Politecnica di Genova, della fondazione Farm Cultural Park (AG) per la quale ha realizzato un’installazione permanete.
Nel campo del Design ha realizzato vari oggetti, tra cui alcuni per la casa vincola Salcheto Wine, esposti al Vinitaly 2022.
Attualmente la sua ricerca in campo artistico e architettonico, lo ha portato a lavorare attorno ad una teoria denominata Architettura Gassosa, che ha riscosso un notevole interesse internazionale.

 


Arch. Emmanuele Lo Giudice
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