Gli imperdibili

Breve Elogio della Tristezza

Provare emozioni è sopravvalutato? Oppure bisogna mostrare solo le cosiddette emozioni  positive? In un mondo in cui bisogna stare attenti a non far intuire i lati deboli, ecco la nostra rassegna settimanale di mostre ed eventi alla scoperta della cultura, dell’arte, del territorio.

Gli imperdibili della Settimana

di Alessandra Elle Latini

Da sempre, da quando ho memoria, il mese di marzo è stato il mio mese preferito. Amo osservare la natura che si risveglia, le giornate che si allungano, e persino le ultime, prevedibili battute di coda dell’inverno mi fanno tenerezza e mi danno anche una certa, incontrollabile allegria. Mi piace che marzo sia un crocevia, che non ci si possa permettere di scoprire troppo perché il vento gelido può essere dietro l’angolo, mi piace quell’aspettativa che crea la certezza che la bella stagione è ormai arrivata e sta semplicemente sgranchendosi le braccia. Mi sembra una perfetta metafora della vita per come ho sempre desiderato di viverla.

Eppure queste ultime settimane sono state per me incerte e soprattutto dolorose in un modo che non ricordo di avere mai vissuto e questo mi ha portato a riflettere su come il mio atteggiamento nei confronti di questo fatto – nel mio immaginario il mese di marzo è un’unica, meravigliosa, opera d’arte – fosse molto simile al modo in cui in passato ho vissuto l’arte stessa. Ogni mattina, al mio risveglio, al posto della gioia che solitamente mi pervade al pensiero di avere davanti tutta una giornata da vivere – al netto, beninteso, di tutte le problematiche che può presentare una vita come la mia, matura e vissuta pienamente – ho riscoperto invece una tristezza infinita che germogliava proprio qui, in fondo al cuore. È stata una sensazione strana, nuova. Non è collegata a un avvenimento particolare, eppure tutto quello che succede non fa che rafforzarla, che acuirla. È un dolore vero e proprio, quasi fisico, uno stiletto invisibile piantato nel profondo che non so davvero come fare a sfilare, perché non ne conosco la causa. Mi domando allora chi o cosa l’abbia piantato, come sia finito in un punto tanto lontano senza che me ne accorgessi.

La prima cosa che ho fatto è stato ignorarlo. Opporre alla tristezza l’allegria che so essere insita nella mia natura, come lo è la forma delle mie mani o il colore dei miei capelli. Mi sono resa conto quanto quei sorrisi risultassero falsi come il ghigno di una maschera tragica.

Siamo portati a vedere l’esperienza artistica o l’atto creativo, sempre e comunque come una cosa positiva. Fare arte, fruire l’arte, parlare d’arte è qualcosa che associamo volutamente alla gioia, all’arricchimento, alle sensazioni che ci fanno stare bene. Eppure tante volte un’opera d’arte non vuole essere e non è né bella né buona. Vuole sconvolgerci, insinuare dubbi nelle nostre menti, farci soffrire.

Io mi sono chiesta perché volessi a tutti i costi essere felice e allo stesso modo mi chiedo perché pretendiamo che l’arte ci faccia solo stare bene. Molti e più talentosi di me si sono posti in passato questa domanda e ancora l’hanno vissuta sulla loro pelle. Viviamo in una società in cui provare emozioni che non siano positive è considerata una debolezza – a volte persino mostrare di provare qualsiasi emozione è considerato un atto da perdenti. Siamo circondati da immagini e slogan che ci invitano a pensare positivo, a rafforzare noi stessi, a essere felici, a realizzare la nostra vita. Come se il dolore di cui ci facciamo carico fosse un fardello imbarazzante che è meglio nascondere bene a fondo, persino a noi stessi. Le librerie sono cariche di volumi sul “pensiero positivo”. Pochi, pochissimi tentano di spiegare non tanto come affrontare il dolore, ma che il dolore fa parte di una vita piena.

Eppure se pensiamo all’arte, anche alle opere che accendono il più alto lirismo insito dentro di noi, appare subito chiaro che la maggior parte di esse sono nate in qualche modo da un atto doloroso – da una perdita, dall’epifania riguardo a un cambiamento, da un evento tragico – ma soprattutto che l’atto stesso di fare arte, di vivere l’arte, in qualche modo, provoca un dolore lui stesso. La bellezza che ci circonda è talvolta così splendente da essere dolente. Persino la felicità ha il suo carico di tristezza, anche quando non ci focalizziamo sul fatto che possa essere effimera. È l’altra faccia della medaglia, il contrappeso che ci fa vivere la pienezza. La profondità di tutti i nostri sentimenti, anche di quelli cosiddetti positivi, è tanto più grande proprio perché col tempo impariamo a distinguere il dolore.

Forse dovremmo imparare ad ascoltare meglio la nostra tristezza e la malinconia, perché di certo ci parlano di qualcosa che dobbiamo conoscere, così come dobbiamo imparare a gustare l’arte anche quando non ci dà solo gioia. Dobbiamo accogliere queste emozioni e farcene carico col loro peso. Ponderarle, certo senza indugiare troppo, ma sentirle in noi e non respingerle, permettere loro di attraversarci. Dobbiamo permettere a noi stessi di elaborarle. Così come succede quando siamo davanti a un’opera d’arte che ci toglie il fiato, quando ascoltiamo una musica che ci ferma un nodo in gola, quando leggiamo un libro che sembra parlare proprio a noi e fa vibrare corde dentro di noi che troppo spesso blocchiamo perché ci sembra troppo doloroso lasciarle risuonare.

Dobbiamo imparare a guardare un quadro e a farci travolgere da quello che ci trasmette, senza studiare troppo, senza conoscere troppo, senza pensare troppo – semplicemente permettergli di entrare in noi.

Io so per certo che ne usciremo, intatti.

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Milano, Fiera

miart 2022

Dal 1° al 03/04/2022

150 gallerie da 21 Paesi: si svolgerà dal 1° al 3 aprile la 26esima edizione di miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano. miart è la prima fiera di settore del 2022 organizzata in Italia e tra le prime in Europa: l’avvio simbolico di una nuova fase, il “primo movimento” di una nuova possibile sinfonia. Primo movimento – tema scelto per questa edizione – denominazione dell’inizio di una “forma musicale in più parti”, rappresenta “il desiderio di accelerare di un settore che oggi, dopo una positiva stagione autunnale di fiere internazionali, si sente pronto ad allungare il passo e a fare un salto in avanti”.

Sarà proprio questo termine a definire una serie di iniziative e collaborazioni con realtà e istituzioni appartenenti al mondo della musica, della danza, della performance, volte a far sì che miart sia innanzitutto uno stimolo a muoversi, tutti insieme – galleristi, collezionisti, artisti, cittadini e visitatori – “alla ricerca della perfetta esecuzione di una sinfonia possibile solo attraverso la collaborazione e la coesione”.

I progetti, per volontà degli organizzatori, hanno l’obiettivo di presentare una fiera “coerente e accurata, promuovere il dialogo tra le gallerie e tra artisti iconici e nuovi talenti, esaltare la tradizione con un occhio rivolto al futuro”.

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Venezia, Galleria Alberta Pane

A Form of Delusion – Christian Fogarolli

Fino al 02/04/2022

A Form of Delusion è la prima esposizione personale di Christian Fogarolli nella sede veneziana della Galleria Alberta Pane. La mostra offre al pubblico la possibilità di interagire con un corpus di opere, molte delle quali installative, pensato appositamente per gli spazi della galleria. “Nel lavoro artistico di Christian Fogarolli – spiega il curatore Pier Paolo Pancotto – passato e presente compenetrano in lavori fotografici, installazioni, sculture e video; tracce e frammenti di un tempo indefinito si legano a materiali vitrei, specchianti, metallici, organici e tecnologici”.

Partendo da un’indagine storico-archivistica e attraverso collaborazioni dirette con centri di ricerca scientifica, l’artista lavora seguendo un approccio interdisciplinare, che guarda alla ricerca medica, psichiatrica, psicologica, antropologica e alle scienze naturali. “Da quasi un decennio e con grande coerenza – dice Pancotto – Christian Fogarolli realizza opere in cui viene messa in discussione la separazione tra corpo e mente, tra sensi e intelletto, tra normalità e devianza, nell’intento di stimolare una riflessione sulle attribuzioni normative di malattia, emarginazione e categorizzazione nella società contemporanea”.

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Roma, La Galleria Nazionale

INTERTWINGLED The Role of the Rug in Arts, Crafts and Design

Fino al 04/09/2022

Everything is deeply intertwingled: tutto è profondamente intrecciato. La parola è stata coniata nel 1960 dal sociologo e filosofo statunitense Ted Nelson per esprimere la complessità delle interrelazioni del sapere, dove non ci sono singoli soggetti ma tutta la conoscenza nel suo insieme, fatta di miriadi di connessioni e relazioni incrociate, che non possono essere districate e suddivise ordinatamente secondo un ordine gerarchico, ma devono essere esplose in molte dimensioni.

Abbracciando questa visione, INTERTWINGLED The Role of the Rug in Arts, Crafts and Design, la mostra a cura di Martí Guixé e Inga Knölke, propone per la prima volta una lettura “affascinante, aperta e dirompente” del mondo interconnesso in cui viviamo. La mostra esplora il tappeto e l’arazzo in campi differenti – dall’arte, all’artigianato, al design – e lo proietta in ambiti più concettuali, stabilendo nuove relazioni che dialogano con idee come il nomadismo, il real estate, le reti visibili e invisibili, i network digitali, l’ipertesto, la decentralizzazione del potere, la narrazione non lineare e il potere insito nel concetto di unione.

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Catania, Palazzo della Cultura

Banksy-Andy Warhol

Fino al 02/06/2022

La mostra, curata da Sabina de Gregori e Giuseppe Stagnitta, documenta il percorso innovativo e rivoluzionario di due grandi artisti che hanno cambiato il modo di vivere l’arte degli ultimi cinquant’anni: Warhol e Banksy. Un confronto tra due artisti e due personalità apparentemente distanti: il favoloso mondo di Andy Warhol, famoso e onnipresente, l’artista più fotografato al mondo, contro l’anonimo Banksy che non ha mai posato per una foto e che rischia l’arresto da Disneyland alla Palestina, rendendo la sua arte un evento mediatico mondiale.

Da una parte Warhol e le sue opere, divenute un prodotto di consumo, e il suo nome – un vero e proprio brand; dall’altra Banksy, grande esperto di comunicazione che continua a far parlare di sé trasformando il vandalismo di strada in un evento internazionale da prima pagina, capace di raggiungere l’intero pianeta.

© 2021 miart. All rights reserved.

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Alessandra Elle Latini

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